Sempre pronti a parlare, sparlare, riflettere sull'amore...
Quanto dovremmo essere grati a chi invece non amiamo? Leggendo questi versi, tanto, tantissimo. Non riusciamo a immaginare la nostra vita senza le persone che amiamo: sono il senso dell'esistenza, si vive per loro. Ma l'amore dona non solo gioia e appagamento, porta inevitabilmente con sè anche ansia, paure, dolore... ed ecco che la separazione degli amanti dura un'eternità, le distanze diventano insopportabili, prima o poi succede qualcosa che non si può capire e quasi mai perdonare...Come diventa invece tutto più semplice, quando l'amore non si mette in mezzo! Nessun condizionamento dettato dai sentimenti, nessuna idea di possesso... le mani vuote di chi non amiamo sono piene della nostra libertà.
RINGRAZIAMENTO
Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.
La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.
Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l'amore non può darlo,
nè riesce a toglierlo.
Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come una meridiana,
capisco
ciò che l'amore non capisce,
perdono
ciò che l'amore mai perdonerebbe.
Da un incontro a una lettera
passa non un'eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.
I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.
E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che trovi su ogni atlante.
E' merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.
Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.
« Non devo loro nulla » -
direbbe l'amore
sulla questione aperta.
Wislawa Szymborska
Immagine di Agatha Katzensprung
Video realizzato da Michelangelo Gargiulo
"Una volta apparso Alberto Caeiro, cercai subito - in modo istintivo e cosciente - di scovargli dei discepoli". Così nel mondo degli eteronomi di Pessoa, spuntò Ricardo Reis
E' un medico portoghese che, dopo l'avvento della Repubblica, viene esiliato in Brasile a causa delle sue preferenze monarchiche. Studiando dai gesuiti ha conseguito un'ottima formazione classica che, unita al naturale talento poetico, lo rende un autore dall'attento controllo stilistico. Il suo modello è Orazio, ma più che esaltare l'ideale epicureo del godimento dei piaceri della vita e del "carpe diem" che permette di coglierli nel momento stesso in cui si presentano, Reis si preoccupa costantentemente della paura della sofferenza che lo spinge a reprimere ogni forte sentimento e adattarsi ad una esistenza di mediocrità.
In questa lirica l'arrivo di una stagione triste è inevitabile, ma non c'è rimpianto per ciò che è stato. "Quel che sentiamo, non quel che è sentito, è quel che abbiamo" ecco perchè conviene accettare il presente che ci viene assegnato, purchè la nostra ragione resti vigile e non patisca la distruzione dell'inverno. Che sia attraverso il cuore o l'intelletto, dobbiamo essere grati per questa breve vita.
Non so di chi ricordo il mio passato
che altro fui quando fui, né mi conosco
come se con la mia anima sentissi
quell'anima che nel sentire ricordo.
Da un giorno all'altro ci lasciamo.
Nulla di vero a noi ci unisce -
siamo chi siamo, e chi siamo stati fu
cosa vista da dentro.
Quel che sentiamo, non quel che è sentito,
è quel che abbiamo. Quindi, l'inverno triste
accogliamolo come destino.
Ci sia inverno sulla terra, non nella mente.
E, amore ad amore, o libro a libro, amiamo
il nostro teschio breve.
Ricardo Reis