Lo distinguiamo dagli altri
come se fosse un cavallino
diverso da tutti i cavalli.
Gli adorniamo la fronte
con un nastro,
gli posiamo sul collo sonagli colorati,
e a mezzanotte
lo andiamo a ricevere
come se fosse
un esploratore che scende da una stella.
Come il pane assomiglia
al pane di ieri,
come un anello a tutti gli anelli:i giorni
sbattono le palpebre
chiari, tintinnanti, fuggiaschi,
e si appoggiano nella notte oscura.
Vedo l'ultimo
giorno
di questo
anno
in una ferrovia, verso le piogge
del distante arcipelago violetto,
e l'uomo
della macchina,
complicata come un orologio del cielo,
che china gli occhi
all'infinito
modello delle rotaie,
alle brillanti manovelle,
ai veloci vincoli del fuoco.
Oh conduttore di treni
sboccati
verso stazioni
nere della notte.
Questa fine dell'anno
senza donna e senza figli,
non è uguale a quello di ieri, a quello di domani?
Dalle vie
e dai sentieri
il primo giorno, la prima aurora
di un anno che comincia,
ha lo stesso ossidato
colore di treno di ferro:
e salutano gli esseri della strada,
le vacche, i villaggi,
nel vapore dell'alba,
senza sapere che si tratta
della porta dell'anno,
di un giorno scosso da campane,
fiorito con piume e garofani.
La terra non lo sa: accoglierà questo giorno
dorato, grigio, celeste,
lo dispiegherà in colline
lo bagnerà con frecce
di trasparente pioggia
e poi lo avvolgerà
nell’ombra.
Eppure
piccola porta della speranza,
nuovo giorno dell’anno,
sebbene tu sia uguale agli altri
come i pani
a ogni altro pane,
ci prepariamo a viverti in altro modo,
ci prepariamo a mangiare, a fiorire,
a sperare.
Ti metteremo
come una torta
nella nostra vita,
ti infiammeremo
come un candelabro,
ti berremo
come un liquido topazio.
Giorno dell'anno nuovo,
giorno elettrico, fresco,
tutte le foglie escono verdi
dal tronco del tuo tempo.
Incoronaci
con acqua,
con gelsomini aperti,
con tutti gli aromi spiegati,
sì,
benché tu sia solo un giorno,
un povero giorno umano,
la tua aureola palpita
su tanti cuori stanchi
e sei,
oh giorno nuovo,
oh nuvola da venire,
pane mai visto,
torre permanente!
Pablo Neruda
31 luglio 2004: due vecchi amici si ritrovano, dopo tanti anni, a cantare insieme. Roma li accoglie per la prima volta e fa le cose proprio in grande...
Luogo: Colosseo
Invitati: 600.000
Effetti speciali: serie di maxi schermi
Special guest: perfetta luna piena
Non c'è stato proprio niente di patetico nel concerto di queste due vecchie glorie del passato, come qualcuno malignava... Le loro voci, dentro quella musica che ha segnato un'epoca tanto lontana, erano accompagnate da un pubblico di ogni età che, se perdeva il filo dell'inglese, recuperava in fretta con le braccia alzate il sorriso aperto, qualche "la la la"... I brividi sono stati tanti perchè al di là dell'evento, le canzoni di Simon & Garfunkel sono davvero belle e hanno creato un'atmosfera da veri sognatori, proprio di quelli che si abbandonano alle emozioni e, almeno per una notte, dei piedi a terra, se ne infischiano.
"Bridge over troubled water" non ha bisogno di molti commenti: basta leggerla. Con l'augurio di trovare quel ponte e di diventarlo per qualcuno.
Un ponte sulle acque agitate
Quando sei giù
E ti senti piccola
Quando hai le lacrime nei tuoi occhi
Io le asciugherò tutte
Sono dalla tua parte
Quando i tempi diventano duri
E amici semplicemente non ne trovi
Come un ponte sulle acque agitate
Io stenderò sotto di me
Come un ponte sulle acque agitate
Io stenderò sotto di me
Quando sei giù di corda
Quando sei sulla strada
Quando la sera arriva così dura
Io ti darò conforto
Io sarò dalla tua parte
Quando arriva la oscurità
E l’ansia è tutta intorno
Come un ponte sulle acque agitate
Io stenderò sotto di me
Come un ponte sulle acque agitate
Io stenderò sotto di me
Dispiega le vele ragazza d’argento
Dispiega le vele
E’ il tuo tempo di risplendere
Tutti i tuoi sogni sono sul loro cammino
Guarda come risplendono
Se hai bisogno di un amico
Io sto navigando proprio al tuo fianco
Come un ponte sulle acque agitate
Io libererò la tua mente
Come un ponte sulle acque agitate
Io libererò la tua mente
Simon & Garfunkel 1970
"Passions lives here" e guardavamo scettici gli stendardi rossi che ce lo ricordavano, mormorando appena un unico pensiero: "Speriamo vada tutto bene..." Poi è successo: -3, -2... e la passione, contagiosa come una risata, è scoppiata.
I cantieri aperti da mesi sono spariti, alcuni nel giro di una notte, e sulle strade si sono improvvisamente materializzati Neve e Gliz. Il passaggio di una lingua di fuoco venuta da lontano ha elettrizzato sciami di bambini e arrossato di imbarazzanti lacrime gli occhi degli adulti intorno a loro.
Quando la lingua di fuoco, in un crescendo di meraviglia e batticuore, è diventata un braciere svettante contro il cielo, beh, forse è stato allora che abbiamo capito "la passione" e che ci eravamo dentro fino al collo.
E' spuntata una bandiera alla finestra. Poi un' altra, un' altra ancora... e quante finestre tricolori!
Piazza S.Carlo si è ricordata di essere bellissima: ha indossato un grande schermo e ha cancellato i suoi parcheggi per dare spazio alla gente. Gente di ogni colore, ogni lingua, ogni bandiera, ma con un'unica forte voce: quella dell'esultanza per i vincitori, e quella del "NOOOOOOO" urlato all'unisono di fronte all'immagine di un uomo azzurro rotolato sulla neve.
"Ci prendiamo un Mameli?" ha chiesto un cronista euforico alla fine di una gara e il cuore di Torino, piazza Castello e delle medaglie, ha cantato l'Inno tante volte: Fratelli d'Italia per davvero.
I sorrisi dei volontari in giacca blu, sparsi in ogni angolo, sono diventati famosi tanto quanto Torino, che non è in provincia di Milano, e i suoi gianduiotti.
I torinesi sono stati sempre in giro, persino di notte! E non soltanto dai venti ai trenta: notti bianche che "nemmeno San Giovanni e Capodanno insieme!"
In coda per i biglietti, per casa Canada, per il simulatore di bob, per la Mole, per il caffè e la pipì, ma con occhi nuovi, curiosi e divertiti, a scrutare quelli stranieri e abbozzare timide frasi: "Do you like Torino?" Perchè era quello "Yeah! It's great!" a starci a cuore.
Curling? Ma che è? E tutti pazzi per il curling! E per i pins attaccati su ogni giacca: "Would you like to change your pin?". E per la raclette di casa Svizzera!
Ci siamo scordarti l'aviaria mangiando pollo arrosto offerto nelle piazze e per un po' non abbiamo più sentito neanche se la faccia di Berlusconi si è vista in tv più di quella di Prodi, perchè noi la tv ce l'avevamo accesa su un unico canale a tutte le ore, casomai ci fossimo persi qualche gara, ad incrociare le dita, incitare e trattenere il fiato negli ultimi secondi (chissà se le ragazze dello short track sanno quanto abbiamo sudato dalle nostre poltrone e che le abbiamo abbracciate forte a quella centesima medaglia...!)
L'imponente regia atmosferica dev'essersi accordata con Castellani: Torino sotto il sole, poi il vento e la neve! Anche pioggia, ma non per l'ultima notte bianca, e ancora sole.
Sole per l'ultima giornata, per l'ultima strepitosa e inaspettata medaglia (d'oro!), per l'ultimo "Ciao Torino".
Adesso il cielo è buio e non c'è più quella grande fiamma a illuminarlo, ma la sua luce ci ha toccati. Ora mormoriamo appena un pensiero nuovo: "Speriamo che continui".
Torino, 11 maggio 2007
Alla Fiera del Libro si è svolta un'interessante conversazione tra Angelo Branduardi e Massimo Bernardini:
FUTURO ANTICO "ALLE SORGENTI DELLA MUSICA"
La musica, prima della parola. Così Angelo ha aperto la custodia del suo violino e ha riempito di note lo spazio della Fiera dedicato agli artisti.
"Cominciamo bene" ha detto qualcuno, e in tanti, come ad un richiamo, si sono fermati ad ascoltare.
Quando poi si è seduto per chiacchierare con Bernardini, giornalista della Rai, alle loro spalle è comparso l'ormai famoso quadro di Tiziano, Concerto Campestre, che ha dato il via ad un interessante e divertente scambio di battute. Angelo ha ribadito la sua estrema soddisfazione nel vedersi in un dipinto del '500 e ha affermato che probababilmente ha "ammorbato" generazioni, non solo negli ultimi tempi, ma nei secoli
Insieme hanno analizzato il dipinto cercando di immaginare cosa si stiano dicendo i due musicisti rappresentati: sono nate ipotesi "spirituali" del tipo: -Quale melodia stai suonando?- E "profane" come: -Ma queste due ci stanno?- Riferito alle fanciulle che completano il quadro. Questo è servito ad introdurre l'origine della musica: il congiungersi di sacro e profano sono una delle caratteristiche principali di questa forma d'arte. Angelo ha parlato degli sciamani, i primi musicisti nella storia dell'uomo e della "forma", la parola, le tecniche, i virtuosismi... Quando si sono sviluppate le forme è iniziato il grande progresso della musica occidentale e, come conseguenza, la fine della cultura popolare.
Bernardini ha sottolineato alcune caratteristiche di Branduardi, contrapponendo il suo stile a quello di altri artisti: il fatto che lui, al contrario degli altri cantautori, non parli di se stesso, ma scriva musica "su commissione", come nel caso dell'Infinitamente Piccolo o componga musica sui testi di Dante, Yeats, Esenin... e che il suo successo sia internazionale.
Angelo ha risposto così: "Molti colleghi partono dalle parole. Io lascio fluire la mia creatività con disciplina e riverso con dignità le mie "viscere". Non ho mai voluto seccare la gente con le mie storie d'amore. Mi sono impossessato di testi altrui perchè volevo essere loro, perchè il loro modo di dire, in quelle poesie, significava tutto il mondo che avevo dentro e non sarei mai stato capace di esprimere. Una poesia è già forma musicale, però questa è la teoria io sono passato alla pratica e non me ne pento. Sono stato di volta in volta Yeats, Dante, Francesco d'Assisi e tutti gli altri che ho voluto incarnare. Gli altri seguono un'altra strada. E' una via diversa, io non sono per tutti. Non interpreto ciò che è, non mi interessa, io interpreto la realtà come vorrei che fosse. Quello che io vedo al di là del muro, c'è chi capisce e chi no. Un artista non può essere uomo per tutte le stagioni, quella è la pizza."
E ha infine spiegato il suo successo internazionale facendo un paragone con Eros Ramazzotti: due italiani completamente diversi, uno amato per l'arte del "bel canto", l'altro perchè nell'immaginario incarna l'uomo rinascimentale, quello del quadro per cui la lingua passa in secondo piano. Pur avendo cantato in francese, inglese, tedesco, non sono importanti le parole: è la musica che conta, l'unica capace ad abbattere le barriere linguistiche.
Insomma: come Branduardi c'è solo Branduardi e, come l'aglio, c'è chi lo ama e c'è chi lo odia. Siamo in tanti ad amarlo e lui lo sa
Dopo ventidue anni di richieste e in cambio una cifra impressionante, Gabriel Garcia Marquez ha ceduto i diritti di uno dei suoi capolavori: "L'amore ai tempi del colera" è diventato un film. Giunto da poco sugli schermi italiani, ha tutte le carte in regola per sfondare i botteghini: il regista è Mike Newell, tanto per intenderci, lo stesso di "Quattro matrimoni e un funerale" e di "Harry Potter e il calice di fuoco"; nel cast internazionale la parte dei protagonisti è stata affidata a Giovanna Mezzogiorno e a Javier Bardem; i "ciak" si sono susseguiti tra le suggestive strade coloniali di Cartagena de Indias, in Colombia, Patrimonio dell'Umanità Unesco... Ma... prima che tutto accada, prima di scoprire che Florentino Ariza e Fermina Daza hanno i bellissimi visi di due bravi attori, provate a immaginarli con gli occhi che vi regala Marquez, seguite la loro storia pazzesca attraverso le descrizioni, i dialoghi, i pensieri che il grande scrittore ha pensato per loro: leggete il libro se non l'avete ancora fatto o rileggetelo perchè è meraviglioso.
Quando uscì, nel 1985, chi si aspettava un romanzo sulle tracce di "Cent'anni di solitudine" rimase deluso: Marquez, il premio Nobel, aveva scritto un libro d'amore, una sorta di assurdo polpettone sentimentale... Eppure fu proprio quello staccarsi completamente dalla saga dei Buendìa, quel "parlare d'amore" a decretarne il successo.
L'amore di Florentino Ariza per Fermina Daza nasce quando sono poco più che bambini, ma viene ostacolato dal padre della ragazza che la costringe a sposare un altro. Florentino però non si arrende e decide di aspettare. Trascorre una vita intensa con la fiducia incrollabile, paziente, appassionata che contraddistingue gli innamorati. Viaggia, lavora, incontra altre donne, ma Fermina resta il sogno da raggiungere, giorno dopo giorno, anno dopo anno... La narrazione di Marquez non è affatto stucchevole e melensa, è anzi, a tratti, carica di ironia e ricca di significati profondi, chiara ed incisiva. L'amore è per lui un sentimento che esiste "in qualsiasi tempo e in qualsiasi parte, ma tanto più intenso quanto più vicino alla morte".
Ma quanto può durare? Ecco la risposta:
"E fino a quando crede che possiamo contnuare con questo andirivieni del cazzo?" gli domandò.
Florentino Ariza aveva la risposta pronta da cinquantatrè anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese.
"Per tutta la vita" disse.