"Torna a Surriento" fa ormai parte del nostro patrimonio culturale: conosciuta in tutto il mondo, è entrata nel repertorio dei più grandi esecutori e da più di cento anni commuove i turisti che visitano l' Italia e gli italiani che l'ascoltano all'estero. Si dice sia nata per... un ufficio postale, ma non andò proprio così...
Il 15 settembre 1902, il Presidente del Consiglio dei Ministri, l'on. Zanardelli, giunse a Sorrento per una breve visita e fu accolto da una popolazione entusiasta ed affettuosa tra luminarie e lanci di fiori. Le cronache dell'epoca raccontano che per celebrare l'evento e per ingraziarsi il ministro affinchè fossero risolti alcuni problemi che tormentavano la città (tra cui l'esigenza di un ufficio postale) il sindaco convocò l'artista Giambattista De Curtis che insieme al fratello Ernesto, musicista, in poche ore compose "Torna a Surriento". Zanardelli ascoltò rapito il brano eseguito da una studentessa del Conservatorio di Napoli, Maria Cappiello, ne chiese la replica e, commosso, promise... l'ufficio postale.
In realtà i versi della canzone, dedicati ad una ragazza, nel 1894 erano già pronti. Esiste uno spartito di quell'anno, edito con il copyright per le Edizioni Bideri e il brano ascoltato quel giorno dal ministro fu semplicemente adattato sul testo originale: dalle dieci quartine dell'esecuzione del 1902, la canzone ufficiale è ridotta a sei. Soltanto però nel 1904 "Torna a Surriento" fu presentata al pubblico dalla Casa Musicale Bideri ed intraprese il suo giro del mondo: lo struggimento del distacco non solo da un cuore, ma da un luogo, dal mare, dalla natura, unito ad una melodia fluida e spontanea, esprime la sofferenza di ogni separazione, in una nostalgia universale.
Ecco il segreto del suo successo.
Vide 'o mare quant'è bello!
Spira tantu sentimento.
Comme tu a chi tiene mente
Ca scetato 'o faje sunnà.
Guarda, gua' chistu ciardino;
Siente, sie' sti sciure arance.
Nu prufumo accussì fino
Dinto 'o core se ne va...
E tu dice "I' parto, addio!"
T'alluntane da stu core...
Da la terra da l'ammore...
Tiene 'o core 'e nun turnà?
Ma nun me lassà
Nun darme stu turmiento!
Torna a Surriento,
Famme campà!
Vide 'o mare de Surriento,
Che tesoro tene 'nfunno:
Chi ha girato tutto 'o munno
Nun l'ha visto comm'a ccà.
Guarda attuorno sti sserene,
Ca te guardano 'ncantate
E te vonno tantu bene...
Te vulessero vasà.
E tu dice "I' parto, addio!"
T'alluntane da stu core...
Da la terra da l'ammore...
Tiene 'o core 'e nun turnà?
Ma nun me lassà
Nun darme stu turmiento!
Torna a Surriento,
Famme campà!
Ecco la versione del 15 settembre 1902 ascoltata dal Ministro Zanardelli:
Vide 'o mare quant'è bello!
Spira tantu sentimento.
Comme tu a chi tiene mente
Ca scetato 'o faje sunnà.
Faie sunnà 'e cchiù belle cose
Faie sunnà 'na vita nova,
Ca è 'ntrecciata 'e tutte rose:
Vita nova 'e libertà!
Guarda, gua' chistu ciardino;
Siente, sie' sti sciure arance.
Nu prufumo accussì fino
Dinto 'o core se ne va...
Dinto 'o core se ne va;
Addò staie sculpito tu.
Si 'a speranza 'e sta città
E t'amammo sempre 'e cchiù.
Ma nun ce lassà
Che a ppoppa meno 'o viento...
Torna a Surriento,
Fance scialà!
Vide 'o mare de Surriento,
Che tesoro tene 'nfunno:
Chi ha girato tutto 'o munno
Nun l'ha visto comm'a ccà.
Guarda attuorno sti sserene,
Ca te guardano 'ncantate
E te vonno tantu bene...
Te vulessero vasà.
Pecchè tu dicisse a lloro
Na parola sulamente...
Ditto a te è nu tesoro
Nce 'a serrammo dinto ccà.
Nce 'a serrammo dinto ccà
Addò staie sculpito tu...
Si 'a speranza 'e sta cità
E t'amammo sempre 'e cchiù.
Ma nun ce lassà
Che a ppoppa meno 'o viento...
Torna a Surriento,
Fance scialà!
Versi: Giambattista De Curtis
Musica: Ernesto De Curtis
Testo consultato: "Torna a Surriento - Cento anni d'amore" a cura di Antonino Cuomo per l'Associazione Studi Storici Sorrentini - Nicola Longobardi Editore
"I Gioielli" è una delle sei liriche condannate per immoralità, che Baudelaire fu costretto ad eliminare dalla prima pubblicazione de "I Fiori del Male".
Non c'è scandalo per noi, lettori del 2000, abituati alla libertà di leggere parole ben più esplicite, ma questa poesia è datata 1857 e per la società benpensante dell'epoca era davvero troppo figurarsi una donna tutta nuda... tranne i gioielli.
Non c'è scandalo, ma il suono delle collane, l'amore come il mare che sale alla scogliera, il sensuale invito di un corpo che muovendosi turba la quiete dell'anima... sono sempre immagini di un avido desiderio, di un raffinato erotismo.
La tanto amata era nuda e, del mio cuore esperta,
non aveva tenuto che i gioielli sonori,
il cui fasto le dava quel vittorioso assetto
che nei giorni felici hanno le schiave dei Mori.
Quando sparge danzando il vivo, beffardo strepito
quest'universo splendente di metallo e di pietra
mi rapisce in estasi, e amo pazzamente
le corse in cui suono e luce si compenetrano.
Era dunque distesa e si lasciava amare,
e dall'alto del divano sorrideva di piacere
al mio amore profondo e dolce come il mare
che verso lei saliva come alla sua scogliera.
Gli occhi fissi su di me, come una tigre domata,
con aria vaga e sognante cambiava le sue pose,
e il candore, cui la lascivia era mischiata,
dava un fascino inedito alle sue metamorfosi;
e il braccio e la gamba e la coscia e le reni,
serici come olio, flessuosi come un cigno,
passavano sotto i miei occhi chiaroveggenti e sereni;
e il ventre e i seni, grappoli della mia vigna,
avanzavano, più invitanti degli Angeli del male,
per turbare la quiete in cui la mia anima posava
e per farla sloggiare dalla rocca di cristallo
dove s'era seduta, calma e solitaria.
Mi pareva vedere, fusi in un disegno insolito,
le anche dell'Antiope e il busto di un imberbe,
tanto la vita dava risalto al bacino. Il trucco
su quel colore fulvo e brunito era superbo!
- La lampada rassegnata era morta a poco a poco,
e poichè il solo camino rischiarava la stanza,
ogni qual volta mandava un suo sospiro di fuoco
quella pelle ambrata s'inondava di sangue!
Charles Baudelaire
Dipinto: "Donna con l'onda" G.Courbet
Quando hai voglia di rifugiarti per un poco in un altro vivere... prendi in mano "Il petalo cremisi e il bianco" anche se forse potrà sembrarti troppo spesso, troppo pesante. Sì, è vero, quasi mille pagine di libro e pure sottili. Ti spaventano? Prova a sfogliare le prime, fino ad arrivare all'inizio della storia, al primo capitolo (e non sbirciare sul finale).Troverai subito una voce pronta a guidarti:
"...La città in cui ti conduco è vasta e intricata, e tu non ci sei mai stato prima. Puoi immaginare, da altre storie che hai letto, di conoscerla bene, ma quelle storie ti hanno illuso, accogliendoti come un amico, trattandoti come fossi uno del posto. La verità è che tu sei un alieno, in tutto e per tutto, arrivato da un altro tempo e da un altro luogo..."
Affidati a quella voce, perchè ti sarà d'aiuto a districarti tra gli scuri vicoli di Londra. E' il 1875 e non hai idea di quanto possano essere astuti gli imbroglioni e feroci i criminali, pronti ad uccidere per pochi pence. Quella voce ti accompagnerà attraverso i quartieri più luridi e malfamati, ma se le darai retta non ti accadrà niente di brutto, e la seguirai fino a conoscere Sugar, la prostituta più desiderata della città. Scoprirai come si può vivere con ostinata determinazione a dispetto del freddo, dei pericoli, delle malattie; incontrerai le amiche di Sugar, i loro ricchi e depravati clienti, e ti si apriranno le porte di casa Rackham, una delle più prestigiose famiglie della società londinese.
Catturerai ogni emozione, ogni intimo pensiero, gli odori e i sapori che avvolgono le stanze e le strade percorse dagli straordinari personaggi in cui ti imbatterai e quando arriverà l' ora di lasciarli, ti accorgerai incredulo di non aver fatto altro che leggere un libro.
Michel Faber "Il petalo cremisi e il bianco" Ed. Einaudi
Attrazione inesorabile: non c'è stupore, nè paura, ma la lucida consapevolezza di vivere una sensazione inevitabile e benefica. Necessaria.
Frugare, e godere di quanto ci appartiene. Ritrovare chi si ama e sentirsi nel posto più intimo e protetto, la propria casa. E sapersi avvinti, stretti, allacciati, senza esserne mai paghi, senza chiedersene il motivo, senza pensare se sia giusto o meno, abbandonandosi, vivendo quel richiamo come la più naturale delle condizioni umane...
Questo l'amore secondo Majakovskij.
Le flotte: anche loro convergono verso il porto.
Il treno: anche lui corre verso la stazione.
E io verso di te a maggior ragione,
perchè io amo,
mi sento proteso e attratto.
L'ultimo cavaliere puškiniano scende
a godersi nel sotteraneo i suoi beni e a frugare.
Così io
a te ritorno, amata.
Mio è questo cuore,
e io godo di quanto è mio.
Voi ritornate a casa tutti lieti,
a raschiarvi di dosso
la sporcizia, radendovi e lavandovi.
Così io,
tornando a te.
Forse
non vado a casa mia io,
quando vengo da te?
Il grembo terrestre attende i terrestri.
Noi volgiamo alla mèta finale.
Così io
verso di te
tendo inesorabilmente:
anche appena separati,
anche appena abbiamo finito di vederci.
Vladimir Majakovskij
Dipinto: "Il volo" P.Mocci
Quando Neruda scrisse in "Confesso che ho vissuto" il timore di vedere morire i suoi versi in un mondo di troppi poeti e pochi lettori, di certo non poteva immaginare la straordinaria forza divulgatrice del web... nè l'accortezza da parte di alcune case editrici di stampare testi immortali ad un prezzo ragionevole. E da un piccolo volume edito da Tea, "Poesie erotiche (Il fromboliere entusiasta)" è tratta questa lirica. Parole scritte in gioventù, che il poeta non volle pubblicare prima del 1933 perchè considerate inadeguate rispetto all'arte della maturità, ma che proprio per questo motivo io amo di più. Desiderio e passione, sicuramente, ma soprattutto l'emozione di uno scambio: il maschio e la femmina che nella loro più nuda sostanzialità si ricevono, nella loro assoluta complementarietà, si danno.
Canzone del maschio e della femmina!
La frutta dei secoli
che spreme il suo succo
nelle nostre vene.
La mia anima che si riversa nella tua carne distesa
per uscire da te più buona,
il cuore che si spande
si stira come una pantera,
e la mia vita, ridotta a schegge, che si annoda
a te come alla luce delle stelle!
Mi ricevi
come la vela il vento.
Ti ricevo
come il solco la semina.
Dormi sui miei dolori
se i miei dolori non ti bruciano,
legati alle mie ali,
che forse le mie ali ti porteranno,
raddrizza i miei desideri,
che forse compiangi la loro lotta.
Tu sei l'unica cosa che ho
da quando ho perso la mia tristezza!
Squarciami come una spada
o ricevimi come un'antenna!
Baciami,
mordimi,
incendiami,
che io vengo sulla terra
solo per il naufragio dei miei occhi di maschio
nell'acqua infinita dei tuoi occhi di femmina!
Pablo Neruda