24 dicembre 1818: ad Oberndorf, località nelle vicinanze di Salisburgo, il pastore della chiesa di St. Nicholas si incammina verso l'abitazione di Franz Gruber un insegnante di musica. Si chiama Joseph Mohr, ha con sè i versi gioiosi di una poesia che ha scritto pochi anni prima per celebrare la nascita di Gesù e desidera che venga composto un accompagnamento per chitarra in modo da poter presentare un canto nuovo durante la messa di mezzanotte.
Qualcuno racconta che l'organo della chiesa fosse stato rovinato dai topi e da qui nascesse l'esigenza di una melodia suonata da uno strumento diverso; altri affermano che Mohr amasse così tanto il suono della chitarra da preferirlo agli altri per la sua composizione... in realtà non si conoscono le motivazioni di questa scelta, ma si sa per certo che quella sera, durante la messa di mezzanotte, Joseph Mohr e Franz Gruber intonando per la prima volta "Stille Nacht! Heilige Nacht! " crearono un'atmosfera così calda e coinvolgente da incantare tutti i presenti.
Un costruttore d'organo, Karl Mauracher, dopo aver riparato lo strumento della chiesa di St. Nicholas, ottenne una copia dello spartito, così il canto natalizio cominciò il suo viaggio in tutto il mondo.
Quando la melodia di "Stille Nacht" divenne celebre, si pensò che fosse stata composta da Haydn, Mozart o Beethoven, così, sebbene Franz Gruber avesse più volte dichiarato di esserne l'autore, morì senza alcun riconoscimento. Soltanto pochi anni fa fu trovato un manoscritto di Mohr in cui risultava che il nome dell'autore della musica era effettivamente Gruber.
Joseph Mohr, rimase un modesto curato e utilizzò tutti i suoi guadagni per l'educazione e l'istruzione dei bambini della zona in cui era stato assegnato come pastore.
E la chiesa di St. Nicholas?
Fu demolita nei primi anni del '900 a causa delle inondazioni che l'avevano resa pericolante, ma dal 1937, anno della sua ricostruzione, continua ad essere meta di pellegrinaggi in tutti i periodi dell'anno e, naturalmente, soprattutto a Natale. Un peccato non poterla visitare, ma sul sito dedicato a "Stille Nacht" è possibile vedere attraverso una web-cam l'ingresso della cappella.
Ora "Stille Nacht", nata dall'ispirazione di due uomini semplici, è cantata in più di 120 lingue diverse: ha attraversato ogni confine, ogni barriera e sulle sue note... arriva Natale.
Stille Nacht! Heil'ge Nacht!
Alles schläft, Einsam wacht
Nur das traute heilige Paar.
Holder Knab' im lockigten Haar;
Schlafe in himmlischer Ruh!
Schlafe in himmlischer Ruh!
"Mi sto torturando la mente per spremerne fuori una formula che esprima in modo adeguato la particolarità di Eugène Delacroix." Scrisse Baudelaire, grande estimatore e amico dell'artista...
"...egli esprime soprattutto ciò che è più segreto del cervello, l'aspetto stupefacente delle cose, tanto la sua opera ritiene, senza alterarli, l'impronta e l'umore della sua concezione. E' l'infinito nel finito. Sì, è il sogno! "
Eugène Delacroix nasce nel 1798 in una famiglia colta e agiata, che gli permette di seguire le naturali inclinazioni verso la letteratura e l'arte: dimostra di possedere un talento innato, ancora ragazzo vince premi per il disegno e lo studio. In seguito alla morte dei genitori decide di dedicarsi completamente alla pittura: riceve lezioni tradizionali, trascorre molti pomeriggi al Louvre, esercitandosi nelle copie delle grandi opere, ma soprattutto frequenta Théodore Géricault, precursore di quel nuovo movimento artistico di cui Delacroix diventerà il maggior esponente: il romanticismo. All'età di 24 anni incuriosisce il pubblico presentando "La barca di Dante", opera densa di drammaticità e di ricchezza cromatica, ma è il successivo "Il massacro di Scio" ad eccendere interesse ed entusiasmo anche tra i critici. I veri protagonisti delle scene di Delacroix sono le immagini della fantasia e i turbamenti dell'animo, resi violenti e incalzanti dall'uso del colore in contrasti netti e vivaci tanto da scuotere l'osservatore, da emozionarlo: grande innovazione rispetto al freddo mondo della realtà classica dipinta fino a quel momento. Nonostante la notevole mole di produzione artistica, che gli serve anche per guadagnare e vivere, la sua personalità vivace e poliedrica lo porta a frequentare con molto successo i più esclusivi salotti francesi, gli vengono commissionate diverse opere dal governo e viene invitato a partecipare ad una visita di Stato in Marocco. Il viaggio sarà per l'artista una straordinaria fonte di ispirazione: le suggestioni che lo colpiscono osservando la semplicità contemplativa degli uomini che sembrano indifferenti allo scorrere del tempo e la sensualità delle bellissime odalische di un harem, verranno trasferite nei suoi quadri con giochi di colore tanto abili da evocarne l'intimità, il sogno. Tornato in Francia, raggiunge il massimo traguardo della carriera dipingendo vasti affreschi nei più importanti edifici della capitale, dpingerà fino alla morte, nel 1863, lasciando dietro di sè numerose opere incompiute e l'appassionata forma d'arte che influenzerà i giovani pittori di tutto il XIX secolo.
Si sono accordati i tigli questa notte, per aprire i loro fiori tutti insieme e regalare alla città l'illusione di un giardino.
E così, brevi soffi profumati hanno sorpreso i respiri del mattino. Nell'impazienza del rosso di un semaforo, nel passo un po' affannato verso il tram, nella corsa dei bambini per le scale della scuola...
Come un ancestrale sottofondo, incurante del cemento.
la sera di Liguria, perdizione
di cuori amanti e di cose lontane.
Indugiano le coppie nei giardini,
s'accendon le finestre ad una ad una
come tanti teatri.
Sepolto nella bruma il mare odora.
Le chiese sulla riva paion navi
che stanno per salpare.
"Ho messo in Caeiro tutta la mia forza di personalizzazione drammatica, ho messo in Ricardo Reis tutta la mia disciplina mentale, vestita della musica che le è propria, ho messo in De Campos tutta l'emozione che non ho dato nè a me nè alla mia vita".
Alvaro de Campos, terzo fondamentale eteronimo di Pessoa, è un ingegnere alto, bruno, elegante e un po' snob. Le sue opere, pubblicate sulle riviste letterarie, danno origine al modernismo, corrente che nella cultura portoghese rappresenta l'avanguardia in ogni sua forma.A differenza di Alberto Caeiro e di Ricardo Reis, la sua poesia è in continua evoluzione: parte da una condizione di assoluta decadenza fino a giungere ad un'appassionata adesione al futurismo.Eppure non mostra la gioia collettiva del demolire per poi ricostruire che caratterizza il movimento, anzi, negli ultimi anni le sue poesie saranno un progressivo distacco dai miti futuristi: un crescente ripiegamento su se stesso attraverso il conflitto mai risolto tra sè e il mondo. Gli ultimi anni... specchi di Pessoa.
Il Poema in linea retta non ha metafore: suona come accusa e coraggiosa confessione. Si legge d'un fiato. Non resta che riflettere.
Non ho mai conosciuto chi abbia preso legnate.
Tutti i miei conoscenti sono stati campioni in tutto.
Ed io, tante volte spregevole, tante volte porco, tante volte vile,
io tante volte innegabilmente parassita,
inescusabilmente sudicio,
io, che tante volte non ho avuto la pazienza di fare il bagno,
io, che tante volte sono stato ridicolo, assurdo,
che ho involto pubblicamente i piedi nei tappeti dell'etichetta,
che sono stato grottesco, meschino, sottomesso e arrogante,
che ho patito oltraggi e taciuto,
che quando non ho taciuto sono stato più ridicolo ancora;
io, che sono riuscito comico alle cameriere d'albergo,
io, che ho sentito lo strizzar d'occhi dei facchini,
io, che ho commesso vergogne finanziarie, chiesto prestiti senza pagarli,
io, che quando venne l'ora del cazzotto, mi sono rintanato
fuori della sua portata;
io, che ho sofferto l'angoscia delle piccole cose ridicole,
io verifico che non ho eguali in tutto ciò in questo mondo.
Tutta la gente che conosco e che parla con me
non ebbe mai un gesto ridicolo, non patì mai oltraggio,
non fu mai se non principe - tutti prìncipi- nella vita...
Volesse il cielo che udissi da qualcuno la voce umana
che confessasse non un peccato, ma un'infamia;
che raccontasse, non una violenza, ma una viltà!
No, sono tutti l'Ideale, se li odo e mi parlano.
Chi c'è in questo vasto mondo che mi confessi che una volta è stato vile?
O prìncipi, miei fratelli,
orsù sono stufo di semidei!
Dov'è che c'è gente nel mondo?
Allora sono solo io vile e fallace su questa terra?
Potranno le donne non averli amati,
possono essere stati traditi - ma ridicoli mai!
Ed io, che sono stato ridicolo senza essere stato tradito,
come posso parlare coi miei superiori senza titubare?
Io, che sono stato vile, letteralmente vile,
vile nel senso meschino e infame della viltà.
Alvaro de Campos