Poeti e Sognatori

...Sembra uno spazio fuori dal mondo, ma non č cosė.
Bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro per dare l'esempio.

Jacques Prévert
Immagine
 "Vorrei fare con te ciò che la primavera fa con i ciliegi." Pablo Neruda... di Alessandra Mazzucco

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Alessandra Mazzucco (del 23/03/2008 @ 18:44:55, in Sognatori tra i pennelli, linkato 2633 volte)

"Il mio sogno sarebbe far subito ritorno a Villeneuve e non muovermi più..." così scrive Camille Claudel alla famiglia, nel 1917. Le sue parole provengono da un manicomio e non saranno mai ascoltate. Camille Claudel arriva a Parigi poco più che ragazzina già sapendo che la sua strada sarà lastricata di marmo e di bronzo: vuole diventare scultrice e anche se l'Istituto di Belle Arti è ancora di esclusivo appannaggio maschile, incoraggiata soprattutto dal padre, segue corsi privati e modella busti osservando il fratello Paul. I commenti sul suo talento selvatico e istintivo giungono presto all'orecchio di Auguste Rodin, scultore quasi celebre, che le offre di lavorare nel suo studio. Sarà l'inizio di un vincolo artistico, affettivo e psicologico che segnerà Camille fino all'ultimo giorno: diventerà la musa ispiratrice, la modella e l'amante di Rodin per dieci tormentatissimi anni, al termine dei quali, della ragazzina che determinata sognava amore e successo, non rimarrà che una pallida ombra.  
Con l'arrivo di Camille lo scultore crea una serie di opere improntate sul volto e sul corpo dell'allieva, tra cui la famosa Danaide che raffigura una donna ripiegata su se stessa, la schiena e i fianchi esposti in una bruciante sensualità. Anche il talento della modella produce opere bellissime, ma il tempo trascorre senza che Camille riesca ad affrancarsi dalla notorietà che i critici riservano a Rodin: per anni scolpisce sculture meravigliose che non vengono valorizzate e per anni serba la speranza che il suo amante si separi dalla donna con cui vive per potersi legare definitivamente a lei. Vana attesa e triste epilogo: Rodin si libera della sua musa che da quel momento produce febbrilmente numerose opere, con soggetti sempre più affranti che riflettono accorati la sua angoscia. Ne è un esempio impressionante L'età Matura, in cui una giovane implora l'uomo che viene portato via da una vecchia donna. 
Camille vive da sola, chiusa in se stessa, con il passare del tempo il vigore della sua arte stride sempre più con la fragilità della mente: non ha eclatanti atteggiamenti "da pazza", ma vive sciatta e trasandata in un piccolo studio dal quale esce solo di notte, arriverà a distruggere molti dei suoi lavori chiedendo che vengano sepolti... pochi giorni dopo la morte del padre, suo unico sostenitore, due uomini la trascinano in manicomio. La richiesta è firmata dalla madre e dal fratello, il poeta Paul, che non solo non le permetteranno di rientrare a casa, ma trascureranno ogni struggente appello e le loro visite. Camille non toccherà mai più un blocco di marmo. Solo la morte la libererà dalla sua prigionia, nel 1943, dopo trent'anni.  
      
                                     

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Di Alessandra Mazzucco (del 25/03/2008 @ 14:35:36, in Voci da arrossire, linkato 6279 volte)

Sono versi molto particolari, verbi, molto particolari... e nella loro successione creano quasi un vortice. Di passione, naturalmente. Le novità della poesia contemporanea sono tutte da scoprire e sperimentare: queste parole si possono leggere in due modi, a seconda dello spirito del momento.
Periodo freddo e impassibile? Leggere velocemente, quasi come uno scioglilingua e vedere se si arriva fino in fondo senza ingarbugliarsi.
Fase calda e passionale? Allora meglio leggere lentamente, cogliere ogni sfumatura e magari, alla fine, chiudere gli occhi.   


Vieni, entra e coglimi, saggiami provami...
comprimimi discioglimi tormentami...
infiammami programmami rinnovami.
Accelera...rallenta...disorientami.
 
Cuocimi bollimi addentami...covami.
Poi fondimi e confondimi...spaventami...
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami...ardimi bruciami arroventami.
 
Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domami, sgominami poi sgomentami...
dissociami divorami...comprovami.
 
Legami annegami e infine annientami.
Addormentami e ancora entra...riprovami.
Incoronami. Eternami. Inargentami.
 
Patrizia Valduga
 
Dipinto: "Nudo sdraiato" R.Guttuso

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Di Alessandra Mazzucco (del 26/03/2008 @ 21:21:41, in Sognatori tra i pennelli, linkato 4424 volte)

Quando l'anima ha qualcosa da raccontare, il talento esplode, supera ogni barriera e vola... anche senza ali. Simona Atzori  è un'artista che esprime i suoi sentimenti attraverso le immagini, utilizzando solamente gli arti inferiori. L'opera inserita qui accanto lascia senza fiato. "Si lega a sè quanto di più caro usando quanto di più prezioso abbiamo" dice, e lo comunica in questo abbraccio tra mani vigorose e dita dei piedi che si piegano e chiudono come altre mani, con tutta la passione e l'impeto di chi "sente" e sa come raccontarlo.
E' giovane Simona, è nata nel 1974, eppure ha alle spalle anni di studio, di perfezionamento e di successi. Sul suo sito è possibile visitare una galleria di numerose opere realizzate con tecniche diverse e svariati soggetti; tra i più emozionanti ci sono i quadri dedicati alla danza, altra grande passione, cresciuta di pari passo con quella della pittura. La sua vita è anche spettacolo: nella Città del Vaticano, dove è stata ambasciatrice per la Danza nell'anno del Giubileo; al Pescara Dance Festival dove ha danzato con artisti di fama internazionale e ha donato un premio, che ha preso il suo nome, a Luciana Savignano... I consensi di pubblico e critica sono davvero numerosi, sarebbe il caso di assistere di persona alle sue rappresentazioni e lasciarsi travolgere dall'entusiasmo che trasmette... In attesa che ciò possa succedere, consiglio caldamente la visita al sito in cui questa strordinaria artista si racconta attraverso le immagini, ma anche i pensieri:
"Posso dire che il mio segreto è stato quello di crederci sempre fino in fondo e di non smettere mai di sognare fino a quando anche gli altri hanno iniziato a sognare con me e la realtà ha preso il posto dei miei sogni."

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Di Alessandra Mazzucco (del 28/03/2008 @ 22:21:21, in Voci da arrossire, linkato 8388 volte)

Quando Neruda scrisse in "Confesso che ho vissuto" il timore di vedere morire i suoi versi in un mondo di troppi poeti e pochi lettori, di certo non poteva immaginare la straordinaria forza divulgatrice del web... nè l'accortezza da parte di alcune case editrici di stampare testi immortali ad un prezzo ragionevole. E da un piccolo volume edito da Tea, "Poesie erotiche (Il fromboliere entusiasta)" è tratta questa lirica. Parole scritte in gioventù, che il poeta non volle pubblicare prima del 1933 perchè considerate inadeguate rispetto all'arte della maturità, ma che proprio per questo motivo io amo di più. Desiderio e passione, sicuramente, ma soprattutto l'emozione di uno scambio: il maschio e la femmina che nella loro più nuda sostanzialità si ricevono, nella loro assoluta complementarietà, si danno.    

Canzone del maschio e della femmina!
La frutta dei secoli
che spreme il suo succo
nelle nostre vene.
  

 

La mia anima che si riversa nella tua carne distesa
per uscire da te più buona,
il cuore che si spande
si stira come una pantera,
e la mia vita, ridotta a schegge, che si annoda
a te come alla luce delle stelle!

Mi ricevi
come la vela il vento.

Ti ricevo
come il solco la semina.

Dormi sui miei dolori
se i miei dolori non ti bruciano,
legati alle mie ali,
che forse le mie ali ti porteranno,
raddrizza i miei desideri,
che forse compiangi la loro lotta.
 
Tu sei l'unica cosa che ho
da quando ho perso la mia tristezza!
Squarciami come una spada
o ricevimi come un'antenna!
 
Baciami,
mordimi,
incendiami,
che io vengo sulla terra
solo per il naufragio dei miei occhi di maschio
nell'acqua infinita dei tuoi occhi di femmina! 

Pablo Neruda

 


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Di Alessandra Mazzucco (del 29/03/2008 @ 20:57:17, in Poeti innamorati, linkato 11796 volte)

 

 

 

 

 

 

 

Attrazione inesorabile: non c'è stupore, nè paura, ma la lucida consapevolezza di vivere una sensazione inevitabile e benefica. Necessaria. 

Frugare, e godere di quanto ci appartiene. Ritrovare chi si ama e sentirsi nel posto più intimo e protetto, la propria casa. E sapersi avvinti, stretti, allacciati, senza esserne mai paghi, senza chiedersene il motivo, senza pensare se sia giusto o meno, abbandonandosi, vivendo quel richiamo come la più naturale delle condizioni umane...
Questo l'amore secondo Majakovskij.
 
 
  
Le flotte: anche loro convergono verso il porto.
Il treno: anche lui corre verso la stazione.
E io verso di te a maggior ragione,
perchè io amo,
mi sento proteso e attratto.
L'ultimo cavaliere puškiniano scende
a godersi nel sotteraneo i suoi beni e a frugare.
Così io
a te ritorno, amata.
Mio è questo cuore,
e io godo di quanto è mio.
Voi ritornate a casa tutti lieti,
a raschiarvi di dosso
la sporcizia, radendovi e lavandovi.
Così io,
tornando a te.
Forse
non vado a casa mia io,
quando vengo da te?
Il grembo terrestre attende i terrestri.
Noi volgiamo alla mèta finale.
Così io
verso di te
tendo inesorabilmente:
anche appena separati,
anche appena abbiamo finito di vederci.
 
Vladimir Majakovskij
 
Dipinto: "Il volo" P.Mocci

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