"Una volta apparso Alberto Caeiro, cercai subito - in modo istintivo e cosciente - di scovargli dei discepoli". Così nel mondo degli eteronomi di Pessoa, spuntò Ricardo Reis
E' un medico portoghese che, dopo l'avvento della Repubblica, viene esiliato in Brasile a causa delle sue preferenze monarchiche. Studiando dai gesuiti ha conseguito un'ottima formazione classica che, unita al naturale talento poetico, lo rende un autore dall'attento controllo stilistico. Il suo modello è Orazio, ma più che esaltare l'ideale epicureo del godimento dei piaceri della vita e del "carpe diem" che permette di coglierli nel momento stesso in cui si presentano, Reis si preoccupa costantentemente della paura della sofferenza che lo spinge a reprimere ogni forte sentimento e adattarsi ad una esistenza di mediocrità.
In questa lirica l'arrivo di una stagione triste è inevitabile, ma non c'è rimpianto per ciò che è stato. "Quel che sentiamo, non quel che è sentito, è quel che abbiamo" ecco perchè conviene accettare il presente che ci viene assegnato, purchè la nostra ragione resti vigile e non patisca la distruzione dell'inverno. Che sia attraverso il cuore o l'intelletto, dobbiamo essere grati per questa breve vita.
Non so di chi ricordo il mio passato
che altro fui quando fui, né mi conosco
come se con la mia anima sentissi
quell'anima che nel sentire ricordo.
Da un giorno all'altro ci lasciamo.
Nulla di vero a noi ci unisce -
siamo chi siamo, e chi siamo stati fu
cosa vista da dentro.
Quel che sentiamo, non quel che è sentito,
è quel che abbiamo. Quindi, l'inverno triste
accogliamolo come destino.
Ci sia inverno sulla terra, non nella mente.
E, amore ad amore, o libro a libro, amiamo
il nostro teschio breve.
Ricardo Reis
Video realizzato da Michelangelo Gargiulo
Sempre pronti a parlare, sparlare, riflettere sull'amore...
Quanto dovremmo essere grati a chi invece non amiamo? Leggendo questi versi, tanto, tantissimo. Non riusciamo a immaginare la nostra vita senza le persone che amiamo: sono il senso dell'esistenza, si vive per loro. Ma l'amore dona non solo gioia e appagamento, porta inevitabilmente con sè anche ansia, paure, dolore... ed ecco che la separazione degli amanti dura un'eternità, le distanze diventano insopportabili, prima o poi succede qualcosa che non si può capire e quasi mai perdonare...Come diventa invece tutto più semplice, quando l'amore non si mette in mezzo! Nessun condizionamento dettato dai sentimenti, nessuna idea di possesso... le mani vuote di chi non amiamo sono piene della nostra libertà.
RINGRAZIAMENTO
Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.
La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.
Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l'amore non può darlo,
nè riesce a toglierlo.
Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come una meridiana,
capisco
ciò che l'amore non capisce,
perdono
ciò che l'amore mai perdonerebbe.
Da un incontro a una lettera
passa non un'eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.
I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.
E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che trovi su ogni atlante.
E' merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.
Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.
« Non devo loro nulla » -
direbbe l'amore
sulla questione aperta.
Wislawa Szymborska
Immagine di Agatha Katzensprung
L'invidia. Prima o poi tutti la provano, ma è un sentimento così balordo che spesso non si ammette neanche con se stessi. Whitman l'ha vissuta e raccontata.
Non si tratta di un'invidia malvagia o vendicativa e non riguarda il desiderio smisurato di prestigio nè di ricchezza. Complicità, costanza, fedeltà, "senza mai cedere per lunghi e lunghi anni"... l'amore che certe coppie riescono a difendere a dispetto di ogni avvenimento: questo è ciò che il poeta vorrebbe per sè. Non potendolo avere, non riesce a tollerarlo negli altri. Cambia d'umore, diventa pensoso, se ne va via... Possiamo dargli torto?
Quando esamino la gloria conquistata dagli eroi, o le
vittorie dei potenti generali, io non invidio affatto
i generali,
nè il Presidente con le sue funzioni, nè il ricco nel suo
nobile palazzo,
ma quando sento dell'intimità degli amanti, di come
stavano insieme,
di come trascorrevano la vita, affrontando ostilità e
pericoli, senza mai cedere per lunghi e lunghi anni,
in giovinezza, maturità e vecchiaia, di come furono
costanti, fedeli, affezionati,
allora mi faccio pensoso, e mi allontano in fretta, tutto
pieno della più amara invidia.
WHEN I peruse the conquer'd fame of heroes and the
victories of mighty generals, I do not envy the
generals,
Not the President in his Presidency, nor the rich in his
great house,
But when I hear of the brotherhood of lovers, how it was
with them,
How together through life, through dangers, odium,
unchanging, long and long,
Through youth and through middle and old age, how
unfaltering, how affectionate and faithful they were,
Then I am pensive - I hastly walk away fill'd with the
bitterest envy.
Walt Whitman
Dipinto: "Gli amanti" A.Venturi
Versi scanzonati e impertinenti e finalmente il poeta si diverte! Affascinato dallo spirito di sperimentazione ed eversione dei futuristi da cui però presto si allontana, Palazzeschi ha giocato molto con le parole: le ha mescolate, deformate, trasformate in suoni strampalati con notevole spasso sicuramente, ma anche con un intento ben preciso: abbattere le ipocrite convenzioni della società borghese attraverso la demolizione dei termini tradizionali della letteratura.
Questa licenza poetica ne è un simpatico esempio.
Tri tri tri,
fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie: sono il suo diletto.
Cucù rucù,
rurù cucù,
cuccuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche.
Aldo Palazzeschi
Dipinto: "La risata" di U.Boccioni