... scrive una lettera d'amore.
Non per forza una poesia d'amore dev'essere struggente e appassionata, a volte i versi sono essenziali, limpidi e disarmanti, ma non per questo meno intensi.
Vivian Lamarque è fatta così: scrive che sembra una bambina, dice di sè: "Sono una poetina media, normale, da due righe e mezzo sulla garzantina universale" eppure con la sua semplicità, mai banale, arriva a conclusioni che colpiscono.
In questa "Lettera dal balcone" affronta il difficile equilibrio che l'amore impone alle sue vittime: cedere ai sentimenti senza restarne sopraffatti, tormentato esercizio che trascina inevitabilmente con sè la malinconia, ma è una malinconia dolce, che sa quasi di gioia.
Ti scrivo dal balcone
dove resto ancora un poco questa sera
a guardare l'orto al sole di settembre
a mangiare pane e olio e foglie piccole di basilico
ti scrivo meno fiera di quello che vorresti
sono una donna forte sì
ma con anche continue tentazioni di non esserlo
di lasciarmi sciogliere d'amore al sole
e carezzarti e baciarti un po' più di quello che tu vuoi
ti scrivo dal balcone
guardando il fico pieno di frutti
e il pero con le foglie malate
ho qualche pensiero triste
e due o tre sereni.
Vivian Lamarque
Foto: Michelangelo Gargiulo
Leggendo i libri classici della letteratura per bambini, si incontrano parole strane, vecchie, che non si usano più. Ma non servono proprio? Sì che servono! Si può fare una poesia... Ci sono parole che ormai fanno sorridere anche noi, figuriamoci i bambini! Eppure sono preziose, da ricordare, perchè un tempo davvero c'era il calamaio, si faceva merenda con pere e salame (con le pere!?) e si giocava a biglie... Forse, metterle tutte insieme creando una filastrocca (parola ben buffa anche questa) avrà aiutato i bambini ad appropriarsene, a considerarle meno lontane e, sicuramente, essendo una produzione collettiva, a ridacchiare per un bel po'...
L'abbecedario di Pinocchio sono
e di antiche parole vi porto il suono
sono vecchio, polveroso e consumato
di tempi passati conservo ancora il fiato.
A voi bimbi moderni
con libri colorati e bei quaderni
posso insegnare parole non più usate
ma in un tempo lontano molto amate.
Balocchi, brocca, citrulli e garzone
sembrano proprio una bella canzone,
osteria, zecchini, babbo, calamaio
e già risento le urla di quel burattinaio!
Altre parole vi posso insegnare
cari bambini se volete ascoltare.
Sono parole che tolgono la fame
sono latte, polenta, pere e salame.
Sono parole che portano allegria
son trottola, palla, biglie e compagnia.
Sono parole che rubano risate
son barbagianni, cuccagna e zuccate.
Infine c'è una parola antica e sempre nuova
è arcobaleno che porta pace e gioia.
Classe terza A
Scuola Primaria Toscanini
Torino
"Poesie e Filastrocche.Arcobaleni nel crepuscolo"
a cura di M.Dino Ed.Il Capitello
Il canto degli Indiani d'America non si è spento, la sua musica cadenzata non ha mai smesso di suonare... e a volte giunge fino a noi.
Nel 1968, mentre in Italia scoppiava la rivolta studentesca, dall'altra parte del mondo nasceva il Movimento degli Indiani d'America, organizzazione nata per offrire sostegno sociale e legale ai discendenti delle antiche tribù. Leonard Peltier fu uno dei fondatori del Movimento, che quando riuscì a stabilire un'alleanza tra i tradizionalisti e gli innovatori, divenne uno degli strumenti di lotta e di rinascita spirituale tra i più vigorosi del popolo indiano. Forse troppo vigoroso... Accadde infatti che mentre indagava su una misteriosa serie di delitti avvenuti tra gli indiani della riserva di Pine Ridge, nel South Dakota, Peltier fu ingiustamente accusato di omicidio e condannato all'ergastolo. Era il 1976. Da quell'anno, governi e associazioni di tutto il mondo chiedono la revisione del processo, che però non è ancora avvenuta.
"La voce indiana" è la voce di un'intera stirpe, un grido che si alza con dolore contro l'indifferenza e l'ingiustizia.
Io sono la Voce indiana.
Voglio che mi sentano in tutti i nostri territori.
Da duecento anni sono prigioniero di guerra
nella mia terra.
Sono prigioniero dell'odio e dell'avidità,
della menzogna e del pregiudizio,
dell'indifferenza e dell'ignoranza,
dell'ingiustizia
degli uomini che schiacciarono
con la forza del loro numero me e il mio Popolo,
da quando scesero sulle mie spiagge
e invasero la mia terra nativa.
Imposero a me
la loro società, la loro religione, le loro leggi,
ed è per questo che la mia gente
ora è ridotta a meno di quanto era,
quando con false promesse vennero
per la prima volta sulle nostre spiagge.
Io sono la Voce Indiana collettiva
e grido forte dalle milioni di tombe
di spiriti senza pace
e milioni sono le grida che si alzano
e chiedono:
Dov'è il mio futuro?
A chi appartiene?
Appartiene al mio popolo?
Ci sarà felicità sulla terra
che per diritto è mia?
Leonard Peltier
Dipinto di Leonard Peltier
in ricordo del massacro di Wounded Knee avvenuto nel 1890
All'inizio è la melodia che conquista. Quelle parole che scivolano roche sulle corde della chitarra. Poi però la musica cresce fino a perdersi nelle note malinconiche di un' armonica. E allora viene voglia di capire cosa dicono quelle parole, che fine hanno fatto quei "fratelli di sangue", cantati così intensamente...
Ci siamo perduti rincorrendo i nostri sogni e chissà se ne è valsa la pena. Mi sono ritrovato a correre verso non si sa bene dove e all'improvviso mi sono accorto di correre da solo, senza nessuno al mio fianco.
Ma si può recuperare tutto il tempo che abbiamo perso? Oltre ai nostri sogni, quanto avrà frantumato, di noi due, la vita?
Forse non ci sarà una risposta, ma se guardo verso il cielo credo di capire... di capire che tutto ciò che siamo stati insieme è dentro di me, per sempre, mio fratello di sangue.
Fino all'ultimo ci siamo sentiti come il re della montagna
Ma le amarezze del mondo sono arrivate all'improvviso, ed eravamo donne e uomini
Ora ci sono così tanti ricordi che svaniscono nel tempo e nella memoria
Abbiamo le nostre strade da percorrere e occasioni da sfruttare
Stavamo fianco a fianco e ognuno lottava per l'altro
Dicevamo che saremmo stati per sempre, fino alla morte, fratelli di sangue
Ora la durezza di questo mondo frantuma lentamente i tuoi sogni
Trasformando le nostre promesse nella buffonata di uno sciocco
E quello che una volta sembrava bianco o nero, ora sfuma in tante tonalità di grigio
Ci perdiamo nel lavoro, nel lavoro da fare e nei conti da pagare
E' solo una corsa, una corsa, una corsa, senza nessuno che ti protegga
Se nessuno corre al tuo fianco, mio fratello di sangue
Attraverso le case del passato inerte c'è chi è caduto sul suo percorso
Muovendosi sempre avanti, senza mai guardare indietro
Ora non so come mi sento, come mi sento questa notte
Non so se sono caduto nell'ingranaggio, se ho perso oppure acquistato la vista
Non so ancora perchè, non so perchè ti ho chiamato
O se qualcosa di tutto questo in fondo abbia ancora importanza
Ma le stelle brillano piene di luce come un mistero rivelato
Continuerò il mio viaggio attraverso l'oscurità con te nel mio cuore
Mio fratello di sangue
Bruce Springsteen
In italiano il suo nome si pronuncia " visluava scimborska" è una poetessa dei giorni nostri, polacca, vincitrice di un premio Nobel. Eppure, chi non è proprio appassionato di poesia, è difficile che conosca i suoi versi. Un peccato.
Nasce nel 1923, la sua famiglia presto si trasferisce a Cracovia, sua attuale residenza e trascorre la giovinezza, come la maggior parte dei giovani scrittori dell'epoca, aderendo all'ideologia comunista polacca. Nelle sue prime opere l'influenza politica è notevole, ma in seguito la delusione per una fede giovanile mal riposta, la porterà a ricordare quel periodo con dure parole: "Ho fatto parte di una generazione che ha creduto. Io credevo. Svolgevo i miei compiti in versi con il convincimento di far bene. E' stata la peggiore esperienza della mia vita." In ogni caso Wislawa Szymborska non ama parlare di sè: la sua è una vita "privata", che non cede a scandali nè pettegolezzi. Molto meglio parlare delle sue poesie, che Adelphi ha di recente riproposto in una raccolta di scritti pubblicati tra il 1957 e il 1993 dal titolo "Vista con granello di sabbia". La veste editoriale è quella che caratterizza i romanzi della raffinata casa editrice e sfogliando le pagine la sensazione è quella di leggere brevi racconti, punti di vista, quelli dell'autrice, semplici da comprendere e ricchi di spunti da approfondire nel proprio pensiero. Il linguaggio immediato, spesso velato di sottile ironia, conquista all'istante, anche perchè non pretende di offrire risposte, ma pone domande continue affrontando ogni argomento, anche il più doloroso, senza mai cedere all'angoscia e alla disperazione.
Pietro Marchesani, curatore del volume, osserva come "l'incanto" sia il segreto della poetessa:
"E proprio l'incanto con cui sa guardare quell'universo ha il potere di renderlo più sopportabile e lieve."
Lasciamoci allora incantare dai versi di Wislawa Szymborska...
"Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l'inimmaginabile
è immaginabile."