Poeti e Sognatori

...Sembra uno spazio fuori dal mondo, ma non č cosė.
Se l'amore vi chiama seguitelo, anche se ha vie lunghe e tortuose.

Khalil Gibran
Immagine
 Campiello dei miracoli... di Alessandra Mazzucco

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Alessandra Mazzucco (del 06/04/2008 @ 22:24:20, in Tra lacrime e sorrisi, linkato 3174 volte)

Forse i boss mafiosi sono stati tra i primi a non fidarsi degli sms per comunicare tra loro e a tornare al buon vecchio metodo del "bigliettino"... di sicuro non esiste nessun database che registri ciò che si scrive sulla carta e un foglietto si può distruggere con estrema facilità (volendo si può anche ingoiare!). Ma, come sempre, tutto è in mano al destino: a volte, basta una piccola distrazione per combinare un bel guaio. Trilussa, celebre poeta dialettale, con le sue rime in romanesco dipinge un'immagine dolce e spudorata al tempo stesso: sembra di vederla questa mamma distratta, seduta sulla panchina, con uno sguardo alla bimba ed uno al cancello...   
 
Vicino a la fontana de la villa
c'è una bella signora che ricama
un fascio de papaveri de stama
su un telarino lilla.
Ogni tanto se vorta e dà un'occhiata
a la pupa che gioca e, un po' più spesso,
laggiù, dove comincia l'arberata,
ar cancello d'ingresso.
- Che fai, Ninnì? perchè nun giochi a palla?
- Lo vedi, mamma? Ho fatto una barchetta,
però me c'entra l'acqua e nun sta a galla...-
(La madre nun s'è accorta che la pupa
j'ha preso un fojo drentro la borsetta.)
- Tesoro mio, sta' attenta,
chè te se sciupa l'abbituccio bello:
se fai così, chissà che te diventa!...-
E ritorna a guardà verso er cancello.
La barca va, ma nun s'aregge dritta,
e a un certo punto sbatte in uno scojo,
se piega, s'apre e comparisce un fojo
che se spalanca da la parte scritta:
"Mario adorato! Passa verso sera
chè parleremo più libberamente.
Appena hai letto, strappa. Fa' in maniera
che la pupetta nun capisca gnente..."

 
Trilussa
 
Cartolina antica: Fontana dei Cavalli Marini. Villa Borghese. Roma
 

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Di Alessandra Mazzucco (del 06/04/2008 @ 22:33:52, in Sguardi beffardi, linkato 39970 volte)

"Ci gridano: -La vostra letteratura non sarà bella! Non avremo più la sinfonia verbale, dagli armoniosi dondolii, e dalle cadenze tranquillizzanti!- Ciò è bene inteso! E che fortuna! Noi utilizziamo, invece, tutti i suoni brutali, tutti i gridi espressivi della vita violenta che ci circonda..." ...Facciamo coraggiosamente il "brutto" in letteratura, e uccidiamo dovunque la solennità."

Così scriveva Marinetti sul Manifesto Tecnico della Letteratura Futurista e il Bombardamento che descrive in questi liberi versi è tra gli esempi più lampanti della rivoluzionaria poetica futurista.
Nasce da un'esperienza personale: tra il 1912 e il 1913, Marinetti si trova ad Adrianopoli, città turca in guerra contro la Bulgaria. Le figure onomatopeiche di cui si serve per ricreare i rumori delle deflagrazioni, vengono accostate alla ripetizione di vocali e consonanti dando origine ad una deformazione fonica particolare. L'intento non è solo di riprodurre l'atmosfera attraverso i suoni e la diversità dei caratteri: il testo poetico dev'essere letto ad alta voce, declamato! Un vero e proprio intreccio di arte figurativa, verbale e teatrale: la poesia come intuizione, contaminata da ogni forma espressiva.     
 
ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare

spazio con un accordo tam-tuuumb

ammutinamento di 500 echi per azzannarlo

sminuzzarlo sparpagliarlo all’infinito

      Nel  centro di quei tam-tuumb

spiaccicati (ampiezza 50 chilometri quadrati)

balzare scoppi tagli pungi batterie tiro

rapido Violenza ferocia regolarità questo

basso grave scandere gli strani folli agita-

tissimi acuti della battaglia Furia affanno

                       orecchie            occhi

                   narici              aperti attenti

forza che gioia vedere udire fiutare tutto

tutto taratatatata delle mitragliatrici strillare

a perdifiato sotto morsi schiaffi traak-

traack frustare pic-pac-pum-tumb bizz-

zzarie salti altezza 200m. della fucileria

Giù giù in fondo all’orchestra stagni

             diguazzare               buoi bufali

pungoli carri pluff plaff            inpen-

impennarsi di cavalli flic flac zing zing sciaaack

lari nitriti iiiiii….. scalpiccii tintinnii 3

battaglioni bulgari in marcia croooc-craac

[LENTO DUE TEMPI] Sciumi Marita

 o Karvavena croooc craaac grida degli

 ufficiali sbataccccchiare come piattttti d’otttttone

pan di qua paack di là cing buuum

 cing ciack [PRESTO] ciaciaciaciaciaak

 su giù là là in-torno in alto attenzione

sulla testa ciaack bello            Vampe
                            vampe
         vampe                                                             vampe
      vampe                                                                 vampe
              vampe                 ribalta dei forti die-
                  vampe
               vampe

tro quel fumo Sciukri Pascià comunica tele-

fonicamente con 27 forti in turco in te-

desco allò Ibrahim Rudolf allô allô

attori ruoli                echi suggeritori

                scenari di fumo foreste

applausi odore di fieno fango sterco non

sento più i miei piedi gelati odore di sal-

nitro odore di marcio   Timmmpani

 flauti clarini dovunque basso alto uccelli

cinguettare beatitudine ombrie cip-cip-cip brezza

verde mandre don-dan-don-din-béèé tam-tumb-

tumb tumb tumb-tumb-tumb

-tumb Orchestra          pazzi ba-

stonare professori d’orchestra questi bastonatissimi

 suooooonare suooooonare Graaaaandi

fragori non cancellare precisare ritttttagliandoli

 rumori più piccoli minutissssssimi rottami

di echi nel teatro ampiezza 300 chilometri

quadrati                 Fiumi Maritza

Tungia sdraiati                          Monti Rò-

dopi ritti                    alture palchi log-

gione 2000 shrapnels sbracciarsi ed esplodere

 fazzoletti bianchissimi pieni d’oro Tum-

tumb                                 2000 granate

protese strappare con schianti capigliature

 tenebre zang-tumb-zang-tuuum-

tuuumb orchestra dei rumori di guerra

 gonfiarsi sotto una nota di silenzio
                   tenuta nell’alto cielo pal                  -lone

sferico dorato sorvegliare tiri parco aerostatico Kadi-Keuy .  

Filippo Tommaso Marinetti 

Dipinto: "Ritratto di Marinetti" di C.Carrà

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Di Alessandra Mazzucco (del 06/04/2008 @ 22:51:17, in I Poeti, linkato 2755 volte)

Il 30 novembre 1935, scompariva Fernando Pessoa. Le sue spoglie riposano ora nel Pantheon di Lisbona dove una stele quadrangolare porta inciso il suo nome accanto a quelli di Alberto Caeiro, Ricardo Reis ed Alvaro de Campos. Un lato per ogni voce della poliedrica personalità di un unico grande poeta.  

"Ricordo, così, quello che mi sembra sia stato il mio primo eteronimo o, meglio, il mio primo conoscente inesistente: un certo Chevalier de Pas di quando avevo sei anni, attraverso il quale scrivevo lettere a me stesso, e la cui figura, non del tutto vaga, ancora colpisce quella parte del mio affetto che confina con la nostalgia."
 
Pessoa perse il padre molto presto e la madre, dopo due anni di vedovanza, si risposò con il console di Portogallo a Durban, in Sudafrica. Fu uno studente brillante: la permanenza a Durban gli permise di interiorizzare la lingua madre, parlata in famiglia e di curare la pratica poetica dell'inglese che non abbandonò mai. Al suo ritorno in patria, fallito il progetto di una tipografia, Pessoa si adattò a tradurre lettere commerciali per alcune ditte e a scrivere sporadici articoli giornalistici. 
La sua fu una vita grigia, caratterizzata da una profonda solitudine affettiva, dalla penuria economica e dal vizio del bere... contrapposta, però, ad un'esistenza interiore vivacissima ed in continua evoluzione. Il giorno "trionfale" dei 47 anni di Pessoa giunse l'8 marzo 1914, data di nascita dell'eteronimo Alberto Caeiro, il "maestro". Seguirono ben presto il classicista Ricardo Reis e il futurista Alvaro de Campos. Attraverso le voci di questi interlocutori inventati, ognuno dei quali possedeva un aspetto fisico, un temperamento e un proprio stile ben definito, il poeta riuscì ad esprimere ogni sfumatura della sua complessa personalità: egli li vedeva davanti a sè e li ascoltava, li sentiva, li amava. Gli eteronomi furono il tentativo di superare i limiti dell'unicità dell'essere creando un' originale esperienza poetica: Pessoa era circondato da figure create dalla sua immaginazione, per ora se ne contano ventiquattro, ma lasciò una tale quantità di scritti che ancora non esiste un censimento definitivo. Malgrado non fosse estraneo all'ambiente letterario dell'epoca, furono le sue "creature" ad accompagnarlo fino all'ultimo giorno e ad interferire con il suo modo di vivere: anche quando si innamorò di una giovane dattilografa, Alvaro de Campos si intromise chiedendole come potesse fidarsi di un uomo mediocre come Fernando Pessoa... lei cercò di restare al gioco, ma il triangolo fatalmente si spezzò.  
Antonio Tabucchi, uno dei suoi più appassionati studiosi, ha recentemente pubblicato per Feltrinelli "Il poeta è un fingitore", una preziosa raccolta di duecento citazioni tratte dagli scritti delle maggiori voci di Pessoa: una breve prefazione e nessun commento, forse il modo migliore di accostarsi all'arte ed al pensiero di uno straordinario autore.
 
   

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Di Alessandra Mazzucco (del 06/04/2008 @ 23:05:21, in Sogni sul pentagramma, linkato 9279 volte)

Se un professore di lettere che scrive poesie (e le canta pure), in piena notte, da solo in casa, resta senza luce e con le parole giuste, proprio quelle, da fermare sul foglio... può anche succedere che tiri giù dal letto un amico... e gli detti per telefono il testo di una canzone meravigliosa.

  


 
"Fernando Pessoa chiese gli occhiali e si addormentò e quelli che scrivevano per lui lo lasciarono solo, finalmente solo..."


 
Ecco come inizia "Le lettere d'amore (Chevalier de pas)": citando nel titolo il primo personaggio inventato da Pessoa, al quale scriveva da bambino... ed immaginando l'ultimo giorno di vita del poeta grazie ai versi scritti dall'eteronimo Alvaro de Campos pochi giorni prima di morire. 
"E la finì di mascherarsi dietro tanti nomi,
dimenticando Ophelia
per cercare un senso che non c'è
e alla fine chiederle:
-Scusa se ho lasciato le tue mani,
ma io dovevo solo scrivere, scrivere,
scivere di me... -
 
Ophelia Queiroz era la donna che riceveva le lettere d'amore di Pessoa. Lettere allegre, affettuose, fitte di baci e appuntamenti che, quasi senza motivo, a un certo punto cessarono. Lettere ridicole? Sì, per Pessoa le lettere d'amore erano ridicole: proprio perchè parlavano d'amore.
 
"E costruì
un delirante universo senza amore
dove tutte le cose
hanno stanchezza di esistere
e spalancato dolore."
 
"E capì tardi che dentro
quel negozio di tabaccheria
c'era più vita di quanta ce ne fosse
in tutta la sua poesia;
e che invece di  continuare a tormentarsi
con un mondo assurdo
basterebbe toccare il corpo di una donna,
rispondere a uno sguardo..."
 
La voce di Vecchioni è accorata e persuasiva, gli archi la accompagnano appena... quasi a sottolineare l'errore da non commettere, in un crescente rimpianto.
 
"...le lettere d'amore
che avevo immaginato,
ma mi facevan ridere
magari fossi in tempo,
se avessi ancora il tempo
per potertele scrivere..."


Il testo della poesia di Alvaro de Campos:
Tutte le lettere d'amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d'amore se non fossero
ridicole.
 
Anch'io ho scritto ai miei tempi lettere d'amore,
come le altre,
ridicole.
 
Le lettere d'amore, se c'è l'amore,
devono essere
ridicole.
 
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d'amore
sono
ridicoli.
 
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgemene
lettere d'amore ridicole.
 
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere d'amore
a essere ridicoli.
 
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole). 
Alvaro de Campos, 21 ottobre 1935 

 

Il video "Le lettere d'amore" è stato realizzato da Michelangelo Gargiulo.

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Di Alessandra Mazzucco (del 09/04/2008 @ 21:02:07, in Poeti innamorati, linkato 10438 volte)

Se è vero che la poesia è in grado di esprimere ogni più recondita emozione, in questa lirica è sufficiente il suono delle parole di chi si ama per scatenare il furore dei turbamenti che si impossessano del cuore, del corpo. 
 "Rumore di pelle sul pavimento" è l'immagine che Alda Merini offre al subbuglio dei sensi in un culmine di esaltazione quasi adolescenziale. Non a caso questa poesia è stata inserita in una raccolta edita da Salani, intitolata "Folle, folle, folle di amore per te - Poesie per giovani innamorati". Sì, per giovani innamorati, anche se sappiamo bene che, quando si parla d'amore, l'età dell'adolescenza non è mai fissa nel tempo: può esplodere in qualunque momento della vita di un uomo o di una donna... scompigliandone le certezze. 
 
L'ora più solare per me
quella che più mi prende il corpo
quella che più mi prende la mente
quella che più mi perdona
è quando tu mi parli.
Sciarade infinite,
infiniti enigmi,
una così devastante arsura,
un tremito da far paura
che mi abita il cuore.
Rumore di pelle sul pavimento
come se cadessi sfinita:
da me si diparte la vita
e d'un bianchissimo armento io
pastora senza giudizio
di te amor mio mi prendo il vizio.
Vizio che prende un bambino
vizio che prende l'adolescente
quando l'amore è furente
quando l'amore è divino.
 
Alda Merini
 

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